Ambientazione
Generale
“Corri dannazione, corri!…”
Ma era tutto inutile, la ragazza aveva già dato tutto quello che poteva, correndo con quella caviglia ferita. Il Kensai di Helm fu dunque costretto a svoltare al primo tunnel che gli si presentava, scoprendo con irritazione di aver scelto un vicolo cieco la cui unica porta, dalla parte opposta, era sprangata. Un’occhiata rapida alla caviglia di lei, ora accasciata a terra; i suoi occhi indagatori poi si risollevarono, fissandosi sui monaci oscuri che, silenziosi e letali, si mostravano all’inizio del corridoio, sempre sulle loro tracce. Serrata la presa sull’arco magico, suo inseparabile alleato, il Kensai afferrò una freccia, incoccando e tirando, veloce come solo gli Elfi sanno essere; iniziava l’ennesimo scontro di oggi, una difesa disperata, per cercare di portare a termine la missione di salvataggio intrapresa. L'unica via d'uscita che si proponeva, un uscio sulla sua sinistra, era sbarrato, bloccato dall'altra parte da qualcosa. Il suo primo bersaglio cadde, con l’impennaggio bianco che sporgeva come una bandiera dal torace, eppure gli altri monaci avanzavano sempre, implacabili. Ora che erano concentrati su di lui, evitavano i dardi quasi con facilità, costringendolo ad indietreggiare; ma poi, appena passati di fianco alla porta, un rombo, un boato sordo, unito a una pioggia di calcinacci e pezzi di legno e di ferro, li travolse.
Dove prima c’era l’uscio sbarrato ora troneggiava la sagoma enorme dell’Umano suo alleato, un barbaro armato di spadone che, senza troppa cortesia, gettò ai piedi dei monaci quel che rimaneva di un loro fratello, senza che la sua espressione imperscrutabile mutasse in alcun modo.
Poi una voce, melodiosa e divertita:
“Zumbrof… la tua grazia mi affascina ogni volta”
Questo commento sarcastico era del Mago, ultimo membro del terzetto di avventurieri, che faceva ora capolino da dietro il guerriero, il quale, nel frattempo, fronteggiava il gruppo di Monaci senza alcuna traccia di timore, l’arma estratta, pronta, parallela al terreno.
L’incantatore compì qualche passo in avanti, mostrando alla vista dei Monaci, ora esitanti, la sua tunica elaborata, dai colori sgargianti; i suoi occhi insospettabilmente profondi, carichi di astuzia ed intelligenza, valutavano in pochi istanti la situazione. Ciò fatto, congiunse le mani dietro la schiena, e si mosse come se nulla fosse verso il Kensai e la donna a terra.
“Damigella…” salutò prima quest’ultima, per poi apostrofare l’Arciere “Aerendil…” E scuotere appena il capo, con fare ironico “La gloria tutta per te…” Un altro sardonico cenno al sollevato interlocutore, mentre si volgeva verso i monaci. Gli oggetti magici che recava addosso gli fornivano una seconda vista, molto più acuta, permettendogli di scorgere nelle loro fattezze numerosi incantesimi e effetti illusori.
                                                            --»